mercoledì, novembre 26, 2008

In difesa del mestiere del traduttore

"We're driving to another town
We're never gonna make sound check
So I can't even take a shit
No showers, shaving, or coffee
I can't f**kin' brush my teeth
"Cmon we're already late man, let's go"
Hurry up and wait
Wait
Hurry up and wait..."

Lagwagon, "Hurry Up and Wait"



In attesa degli (eventuali) sviluppi futuri, mi considero una traduttrice a tutti gli effetti, definizione in effetti giustificata non solo dai miei recenti studi, ma anche e soprattutto dalle ore che passo di fronte allo schermo del pc fra dizionari online e query forms e della passione con cui mi dedico alla versione interlinguistica.
Ora, fare il traduttore ha sicuramente molti pregi, soprattutto se si è tanto fortunati da esercitare la professione in un ambito di proprio gradimento. Ci sono però anche alcuni grossi svantaggi: sorvolando sulle tariffe, che non saranno mai lontanamente "ideali", sulla tempistica (come mi suggerisce Laura, "quando chiederai per quand'è la traduzione ti diranno sempre che è per ieri") su un flusso di lavoro assolutamente aleatorio e incontrollabile e sull'ormai leggendaria "invisibilità del traduttore", volevo spendere un paio di parole sulla percezione che "il resto del mondo" ha di questo star-crossed job. Che ci crediate o meno, lavorare da casa propria e potersi gestire gli orari di lavoro (nei limiti, ovviamente) NON vuol dire "NON AVERE UN CAZZO DA FARE" (cito parole altrui, chiaramente). Vuol dire spararsi maratone di quindici ore filate quando c'è una scadenza vicina e passare il resto del tempo a chiedersi se arriveranno altri lavori o se la recessione ha inghiottito anche questo settore. Vuol dire avere sì più libertà (e ne sono felice, ovviamente), ma anche un conguaglio (per carità, non mi azzardo a chiamarlo stipendio) che, oltre a non essere nè fisso nè garantito, giungerà dopo almeno sessanta giorni. Se poi si riesce a uscire la sera o a dormire la mattina, nella maggior parte dei casi significa che 1) il lavoro non arriva (e non è auspicabile) e/o 2) si è disorganizzati come la sottoscritta e si finisce per lavorare di notte.
Idem come sopra per la traduzione dei videogiochi: solo perchè il prodotto finale rientra nell'entertainment, non significa che il processo sia da sottovalutare, ma solo che si ha avuto la fortuna di lavorare in un campo tutto sommato più appealing di tanti altri, che tuttavia ha i suoi lati negativi, in primis il fatto che raramente si tratta di testi discorsivi (quasi sempre sono celle di Excel scollegate l'una dall'altra) e soprattutto che noi poveri localizzatori i giochi NON LI VEDIAMO MAI. Se non, ovviamente, acquistandoli a nostre spese dopo l'uscita per vedere com'è stato maltrattato l'ingame su cui abbiamo perso ore di sonno. Ma essendo io ferma praticamente al SuperNintendo, quest'eventualità non si è ancora verificata.

Ciò detto, all'alba delle dueezerodue di un martedì notte pre-consegna, me ne torno al mio Buzz.

Allie

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