lunedì, maggio 11, 2009

Diamo a Cesare quel che è di Cesare

Un po' a causa del mio perenne streben verso l'Altrove, un po' perchè finora mi sono sempre dedicata ad occupazioni che prescindevano dal tempo, dal clima e dalle festività (studiare e tradurre non conoscono calendari, nel bene e nel male), mi è sempre capitato di rado di fare le cose "in stagione", forse sin dalla fine delle elementari. Ricordo un libro per bambini, risalente più o meno a quell'epoca, in cui ogni mese veniva descritto nelle sue caratteristiche e attività più tipiche. Palle di neve d'inverno, sole e mare d'estate. Incredibile dictu, anche se una parte di me ha sempre detestato la fiera degli stereotipi, un'altra parte del mio essere è sempre stata dispiaciuta di non aver mai tempo di fare le cose al momento giusto, come guardare un film horror durante un temporale coi fiocchi oppure tuffarmi totalmente nell'atmosfera natalizia senza l'ansia degli esami. Ho sempre saputo di aver bisogno delle stagioni nella vita e sono sempre stata cosciente della necessità di regolarizzare il mio bioritmo, ma al contempo sono e resto comunque segretamente orgogliosa degli orari tutti miei, tanto che mi disgusta sinceramente l'essere diventata ciò che avevo giurato a me stessa di evitare come la peste: una persona che "aspetta i weekend". Ebbene sì. La reginella della notte, degli orari sballati, dei periodi di iperattività alternati a quelli di inerzia, col suo vendersi al sistema e alla corporate life ha finito per l'irregimentarsi in ciò che più temeva (pur a modo suo, s'intende: la sua attuale media di 3,5 ore di sonno a notte testimonia una viscerale e sovversiva incapacità di conformarsi). In genere quando ci penso mi lascio prendere dallo sconforto; oggi invece ho deciso di abbandonarmici: if you can't beat them, join them. E, ammettiamolo, una domenica tardopomeriggioprimaserata sdraiata sull'erba e cullata dalla brezza primaverile è innegabilmente da mettere agli atti.

Allie

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