venerdì, maggio 29, 2009

Nonplussed.

Ennesima, interminabile notte insonne. Un giro sull'amico-nemico di tante ore lunari, il buon vecchio Facebook così invariabilmente sulla bocca di tutti. Mi viene in mente di vedere che fine hanno fatto persone conosciute una vita fa, "Facebookfriended" agli esordi del sito, ancora a Penn. Ricordo una buffa, esuberante africana ragazza conosciuta al corso di francese, so che allora era follemente innamorata del fidanzato e mi chiedo com'è poi finita. Torno sul profilo di lei e vedo che sì, risulta ancora "Married to" him. Mica per davvero, hanno sempre finto di esserlo, ma mi pare comunque un buon segno. Poi guardo meglio: si è appena iscritta a un gruppo dedicato alla memoria di lui. Penso a una colossale montatura, visto il carattere ironico e irriverente di entrambi. Ma no, è tutto vero: pagina con foto-santino, cronaca di una morte annunciata (stroncato da una malattia a 23 anni) e link alla fondazione per la ricerca istituita a suo nome. Sarò sincera: non lo conoscevo affatto e non posso esprimere nulla più dell'amara sorpresa nell'apprendere la notizia e della tristezza per la perdita di una vita così giovane e intensa, ma mi sento notevolmente destabilizzata dalla commistione del lutto e del social networking. Non mi era capitato, a parte qualche memorial di animali domestici passati a miglior vita. E francamente mi inquieta non poco. Ho sempre dato grande valore alla commemorazione, ma mi sconvolge vedere il profilo di questo ragazzo ancora attivo e frequentato da gente che gli si rivolge tranquillamente in modi assurdi ("What happened? How sad!") come se lui potesse rispondere, oppure vedere scritto pubblicamente che l'intera comunità LGBT della zona lo compiange, il che ridimensione notevolmente la teoria del matrimonio... ma c'era bisogno di farlo pubblicamente? Certo, il tutto è commovente, ma sento davvero che è stato oltrepassato un grosso limite. Sono discorsi triti e ritriti, ne sono conscia e lo dico da irrecuperabile FB-addict quale sono e quale continuerò ad essere, ma rifletto spesso su quanto la virtualità, se si può dire, rischi davvero di prendere il sopravvento sulla vita reale... e applicare lo stesso concetto alla *morte* reale mi lascia decisamente senza parole.

Allie

lunedì, maggio 11, 2009

Diamo a Cesare quel che è di Cesare

Un po' a causa del mio perenne streben verso l'Altrove, un po' perchè finora mi sono sempre dedicata ad occupazioni che prescindevano dal tempo, dal clima e dalle festività (studiare e tradurre non conoscono calendari, nel bene e nel male), mi è sempre capitato di rado di fare le cose "in stagione", forse sin dalla fine delle elementari. Ricordo un libro per bambini, risalente più o meno a quell'epoca, in cui ogni mese veniva descritto nelle sue caratteristiche e attività più tipiche. Palle di neve d'inverno, sole e mare d'estate. Incredibile dictu, anche se una parte di me ha sempre detestato la fiera degli stereotipi, un'altra parte del mio essere è sempre stata dispiaciuta di non aver mai tempo di fare le cose al momento giusto, come guardare un film horror durante un temporale coi fiocchi oppure tuffarmi totalmente nell'atmosfera natalizia senza l'ansia degli esami. Ho sempre saputo di aver bisogno delle stagioni nella vita e sono sempre stata cosciente della necessità di regolarizzare il mio bioritmo, ma al contempo sono e resto comunque segretamente orgogliosa degli orari tutti miei, tanto che mi disgusta sinceramente l'essere diventata ciò che avevo giurato a me stessa di evitare come la peste: una persona che "aspetta i weekend". Ebbene sì. La reginella della notte, degli orari sballati, dei periodi di iperattività alternati a quelli di inerzia, col suo vendersi al sistema e alla corporate life ha finito per l'irregimentarsi in ciò che più temeva (pur a modo suo, s'intende: la sua attuale media di 3,5 ore di sonno a notte testimonia una viscerale e sovversiva incapacità di conformarsi). In genere quando ci penso mi lascio prendere dallo sconforto; oggi invece ho deciso di abbandonarmici: if you can't beat them, join them. E, ammettiamolo, una domenica tardopomeriggioprimaserata sdraiata sull'erba e cullata dalla brezza primaverile è innegabilmente da mettere agli atti.

Allie